IL SUPERCONDOMINIO alla luce della recente giurisprudenza

IL SUPERCONDOMINIO

 Condizioni e limiti di legittimazione dei condomini per impugnare le delibere dell’assemblea dei rappresentanti del supercondominio (brevi osservazioni alla sentenza della S.C. civile, Sez. 2^ – n. 8254 del 28/3/2025)

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La S.C. con la richiamata sentenza del 28 marzo 2025 conferma il consolidato  orientamento secondo il  quale il voto favorevole del rappresentante del supercondominio preclude il diritto del singolo condomino ad impugnare le delibere adottate dalla assemblea dei partecipanti al supercondominio.

Come Associazione Italiana Condòmini,  più volte, anche in occasione di convegni e di incontri con le organizzazioni rappresentative degli amministratori di condominio, ci  siamo soffermati sulla valenza dei principi cui il legislatore si è riportato nel definire e qualificare  l’istituto del cd. ”supercondominio”   (ovvero “Condominio complesso”) ed alla interpretazione della normativa che lo regolamenta.  

Per commentare la recente decisione della S.C. (2^ Sez. Civile n. 8254/2025), e per comprenderne la portata e le conseguenze, non sempre condivisibili,  occorre un breve excursus sulla natura di questo istituto e sulle motivazioni che ne hanno determinato la adozione.  

Prima del novellata legislazione  in tema di “condominio” (più semplicemente conosciuta come “riforma del condominio”, legge n. 220/2012) invero sono state non poche le difficoltà che hanno dovuto affrontare amministratori e condòmini per la soluzione delle problematiche,  talvolta anche le più banali, per la  gestione di quei complessi condominiali costituiti da più fabbricati, ciascuno autonomamente gestito,  che in comune presentano alcuni beni e/o servizi.

Con la  definizione, infatti, di “supercondominio” o anche di “condominio complesso il legislatore ha inteso riferirsi  a quelle situazioni in cui un complesso edilizio è distinto in diversi corpi di fabbrica i quali, pur essendo 
strutturalmente autonomi, sono dotati di beni strumentali destinati al servizio comune dei complessi edilizi stessi, quali, ad esempio, il viale d’ingresso, il cortile, spazi a verde, l’impianto centrale per il riscaldamento, l’impianto di illuminazione, il parcheggio, i locali per la portineria e il servizio di portierato, la piscina, i campi da tennis, e così via. 

Non pochi i problemi pratici per una normale e spedita gestione quotidiana di un “supercondominio”, fino alla istituzione di questo nuovo “istituto”  

In particolare, in passato, il problema lo si riscontrava in occasione della approvazione dei bilanci e della nomina dell’amministratore, laddove, già il solo onere della  “convocazione” dei condomini alla assemblea comportava non poche difficoltà, in considerazione del numero elevato di codomini da convocare, dei quali, il più delle volte, non si conosceva neppure il nome,  figurarsi il recapito dello stesso cui inoltrare il rituale avviso di convocazione.

La compagine condominiale, in molte, anzi moltissime occasioni,  si è trovata di fronte ad un muro insormontabile, che ne ha paralizzato ogni attività, causato dalla impossibilità di garantire la partecipazione in assemblea del   numero di condòmini necessario per deliberare anche per la sola approvazione dei bilanci, benché, in tal caso, il quorum deliberativo non si elevato,  né per quantità dei millesimi, né per numero di partecipanti, con conseguente stallo di ogni attività di gestione ed il rischio di trovarsi di fronte ad un elevato contenzioso.

Si pensi anche al solo banale problema rappresentato dalla necessità di notificare tempestivamente ed ai condomini tutti l’avviso di convocazione considerata, altresì, la frequente inerzia dei condòmini a comunicare all’amministratore le variazioni verificatesi nel tempo in ordine alla  titolarità  della “qualità di condòmino” in seguito alla successione nella titolarità della proprietà, vuoi per alienazione del bene vuoi per successione ereditaria, ecc.

La legislazione che riguarda la materia condominiale era ferma al codice civile, del 1942, così che la giurisprudenza e la dottrina in materia si sono di fatto assunti l’onere di adattarla alle mutate esigenze della compagine condominiale.  Tra i tanti argomenti e le tante motivazioni che hanno indotto il legislatore a mettere mano alla normativa  che riguarda il “condominio”, per modificarla ovvero integrarla, rilevante è stato anche l’interesse che il legislatore ha manifestato nei  confronti dell’istituto del cd. “supercondominio”.

Com’è noto, il legislatore nel procedere alla “riforma” della legislazione riguardante l’istituto del condominio, si è riportato, facendole  proprie, alle soluzioni che, nel tempo, si erano consolidate in dottrina ed in  giurisprudenza,  a fronte dei problemi generati dalla nascita di complessi edilizi sempre più articolati ( si pensi ai super condomini soprattutto nei luoghi di villeggiatura, ad esempio, nonché  ai molti parchi realizzati nell’hinterland delle grandi città)  ha adeguato la disciplina civilistica del condominio alle nuove realtà edilizie e  con il novellato art. 1117 bis c.c. ne ha esplicitamente esteso l’ambito applicativo sino a ricomprendere, tra le altre fattispecie, il cd. supercondominio o condominio complesso.

In particolare il legislatore si è soffermato ed è intervenuto con opportune modifiche/integrazioni della normativa,  in  materia delle delibere e delle maggioranze assembleari,  riformandola, rectius integrandola con il novellato disposto del art. 67 disp. att. c.c., i cui commi 3 e 4.

Con la rivisitazione di questa norma il legislatore ha inteso regolamentare  le ipotesi nelle quali i partecipanti al supercondominio siano complessivamente più di sessanta, prevedendo, all’uopo, che il singolo condominio designi un proprio rappresentante all’assemblea (all’uopo) convocata per la gestione delle parti comuni e per la nomina dell’amministratore, nonché,  in caso di mancata individuazione del rappresentante da parte della assemblea, che sia l’autorità giudiziaria a provvedervi su istanza di un singolo condòmino. Nulla, però, pare abbia sancito il riformatore per il caso di totale inerzia, sia da parte della “assemblea” che del singolo condòmino che, pur avendone diritto, non abbia fatto ricorso alla A.G.

Una attenta disamina della richiamata legislazione e dei casi pratici che si sono posti all’attenzione del giudice nel corso di più di un decennio, oramai, dalla entrata in vigore della “riforma del Condominio, ci ha indotti ad alcune riflessioni, appresso riportate e che assieme  andremo ad esaminare.

PROCEDURA PER LA DESIGNAZIONE E NOMINA DEL RAPPRESENETANTE DI CONDOMINIO

A mente di quanto dispone l’art. 67 disp. Att. c.c il “rappresentante” di condominio ( anche più semplicemente indicato come “delegato”)    viene nominato dalla assemblea (del singolo condominio) con la maggioranza di cui all’art. 1136 quinto comma c.c., con la maggioranza, (non facile  da raggiungere) cioè, di un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio (la stessa prevista per le innovazioni !!!).

Sembra invero eccessivo il quorum richiesto dalla richiamata disposizione di legge, in quanto  non è tanto semplice raggiungere il quorum dei  2/3 per la designazione del rappresentante, così da vanificare la finalità che il legislatore si era prefissato con la novellata legislazione condominiale, che era proprio quella di semplificare lo svolgimento nonché il processo decisionale della assemblea.

Temo, infatti, che scava, scava, nella pratica a prevalere siano delibere “illegittime” di nomina del rappresentante, rispetto a quelle legittimamente adottate.  D’altro canto la farraginosità della normativa in tema di impugnativa di delibere assembleari non facilità la soluzione del problema.

I vizi della delibera di nomina: cosa succede nell’ipotesi in cui la nomina di un rappresentante avvenga con una maggioranza inferiore a quella di legge?

Il vizio potrà  certamente essere fatto valere da un condomino dell’edificio che ha effettuato la nomina, il quale sarà legittimato ad impugnare la delibera. Ma non è chiaro se lo stesso vizio possa essere fatto valere da uno dei “rappresentanti” in sede di “assemblea complessa”  o da un condomino di altro edificio appartenente al Supercondominio.

Nel caso in cui la maggioranza non si formi per qualsiasi motivo, ciascun partecipante (al singolo condominio) può rivolgersi alla Autorità Giudiziaria affinché  questa provveda alla nomina del “rappresentante” del proprio condominio. Bisognerà quindi fare ricorso ad un procedimento di Volontaria Giurisdizione presso il Tribunale, nelle forme e modalità previste  dall’articolo 1105 del codice civile, ultimo comma.

Il  legislatore ha  considerato anche la ipotesi di  inerzia totale di un singolo condominio, che non provveda a designare il proprio rappresentante, e le iniziativa da intraprendere.  La normativa in esame, infatti, prevede che qualora uno o più dei condomìni interessati non abbia nominato il proprio “rappresentante” né nessuno abbia fatto ricorso all’Autorità Giudiziaria, sia necessario che uno dei rappresentanti già nominati (tanto se nominato  dall’assemblea di un altro condominio quanto in sua sostituzione, dall’Autorità Giudiziaria)  provveda in merito, seguendo una specifica procedura: si procede dapprima con l’invio (al condominio inadempiente) di una diffida affinché esso proceda alla nomina del suo rappresentante in seno all’assemblea del Supercondominio.

La diffida dovrà essere inviata all’Amministratore o, in sua mancanza, a tutti i condomini. La diffida deve contenere un termine che il legislatore definisce “congruo” affinché il condominio inadempiente provveda alla nomina. Al ricevimento della diffida, l’Amministratore del condominio inadempiente, deve convocare l’assemblea

Quali conseguenze nella ipotesi di inerzia di tutti i legittimati  alla designazione del rappresentante di condominio?

Dalla richiamata disposizione di legge (art. 67 disp. att. c.c.) non si evince se in questo caso la mancata designazione di uno o più rappresentanti –  per i motivi cui si è fatto cenno innanzi – possa comportare il “difetto di costituzione”  del suo organo deliberante (la “assemblea del supercondominio”) con conseguente  illegittimità (nullità radicale !!) delle eventuali deliberazioni da questo adottate.  A mio avviso, infatti,  la mancata designazione del rappresentante di uno dei condominii costituenti il Supercondominio, comporta il difetto di costituzione dell’organo deliberante (difetto insanabile)  e, quindi, la impossibilità di questo organo di adottare qualsivoglia iniziativa, se non quella, semmai di adire l’A.G. per la designazione del rappresentante.

In questo caso, infatti, non ci si trova di fronte alla  precaria “assenza” di un rappresentante già legittimamente designato e comunicato all’amministratore  del Supercondominio, circostanza, quest’ultima, che avrebbe rilevanza solo ai  fini del calcolo del quorum deliberativo.  Non ho  rinvenuto, tuttavia, ad ora, alcun riferimento giurisprudenziale in merito, anche se, invero, mi consta che diversi casi analoghi si siano verificati nell’oramai più che decennale operatività della norma.  L’organo collegiale, per poter operare legittimamente, deve essere completamente costituito mediante la nomina di tutti i suoi componenti. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, una volta validamente costituito, il collegio può continuare a funzionare anche se privo di alcuni dei suoi componenti.

POTERI E LIMITI DEL RAPPRESENTANTE

Costituisce motivo di forte perplessità la inadeguatezza della normativa in esame, per non aver  individuato in modo netto e puntuale i compiti e gli obblighi posti in capo al rappresentate del singolo  fabbricato (condominio) designato con le modalità innanzi richiamate.

Il legislatore, infatti, nell’introdurre l’istituto della “assemblea dei rappresentanti” per gli edifici in supercondominio,  nominati secondo l’articolata procedura innanzi descritta e nei limiti numerici sopra individuati,  ha inteso  escludere  che  tutti i proprietari delle singole unità immobiliari site nei diversi fabbricati possano partecipare personalmente alle adunanze “ordinarie” (quelle relative alla nomina dell’amministratore ed alla approvazione dei bilanci),  lasciando, tuttavia, inalterato il diritto di tutti (ciascun condòmino) a partecipare in  tutte le altre assemblee aventi altri argomenti su cui deliberare, alle quali  dovranno essere convocati ed alle quali potranno parteciparvi direttamente tutti i condomini, al di là del loro numero – fatta sempre salva la possibilità di conferire delega.

Durata dell’incarico:    la norma non contiene alcuna previsione in merito alla durata dell’incarico conferito al “rappresentante”, il che farebbe supporre che  esso possa essere effettuato per più annualità o, addirittura, fino alla revoca, anche se, una  interpretazione letterale della norma in esame (art. 67 comma n. 3.), che fa riferimento alla figura del  «rappresentante all’assemblea» – termine usato al singolare, appunto – porterebbe a ritenere che la nomina  del rappresentante debba essere effettuata quantomeno in occasione della cd. “assemblea ordinaria” (dei singoli fabbricati), prevista con cadenza annuale, fermo restando il diritto e la facoltà  della stessa di provvedere  in qualsiasi momento alla revoca e/o conferma del rappresentante in carica,  senza dover giustificare in alcun modo la sua decisione.

Io opterei  per tale tesi, anche perché mi sembra più coerente con le disposizioni in tema di “mandato” e di “delega”, talché mi sembra corretto che questa sia oggetto di periodica verifica e controllo da parte della assemblea, onde evitare che ii potere di “convocazione” sia lasciato alla libera e spontanea iniziativa dell’amministratore.

Non mancano, tuttavia,  autorevoli  pareri  in dottrina   di difforme orientamento, secondo i quali  la delega a partecipare all’assemblea del supercondominio non sia soggetta ad alcun vincolo temporale.

POTERI E LIMITI DEL RAPPRESENTANTE (delegato)

Particolare attenzione, a parere dello scrivente, va posta al problema relativo ai poteri ed agli obblighi posti in capo al “rappresentante seno all’assemblea del super condominio, in ordine ai quali  la norma parrebbe più che chiara ma non per questo convincente per quanto attiene ai poteri che gli sarebbero stati riconosciuti, non sufficientemente esaustuva mòper quanto attiene ai “doveri” ed alle relative responsabilità in capo al “rappresentante” per il caso di sua inadempienza. Prova ne sia il fatto stesso che la richiamata norma  (art. 67, comma 5, disp. att. c.c.) sancisce il  divieto di porre limiti o condizioni al potere di rappresentanza, il che   induce a qualche riflessione.

Se è vero, infatti,  che (si suppone) si tratti di un incarico a titolo grazioso, è altrettanto vero che il non porre alcun limite ai poteri del rappresentante conferisce, di fatto, allo stesso  un eccessivo potere di rappresentanza che potrebbe essere anche in conflitto con gli interessi dei condomini da lui rappresentati.

Parrebbe, in fatti, che il rappresentante, nominato dai partecipanti al singolo condominio o dal giudice, abbia, dunque, il potere di rappresentanza  del condominio nell’ambito del supercondominio con pieni poteri: si ritiene infatti che eventuali  vincoli, ove apposti, andrebbero a circoscrivere in maniera eccessiva lo “spazio di manovra” del rappresentante, impedendogli ad esempio di votare in un modo difforme rispetto a quello ipotizzato nel caso in cui, in sede di assemblea del super condominiale, dovessero emergere aspetti non preventivamente valutati e che consiglierebbero di adottare una posizione differente, o ancor più semplicemente  l’astensione da voto.  

A mio giudizio, invece, il “rappresentante”  dovrebbe attenersi strettamente alle indicazioni a lui dettate dalla assemblea del condominio che egli va a rappresentare, in quanto il motivo per cui è stata istituita dal legislatore la figura del “rappresentante” non era certo quello di “sostituire” alla volontà decisionale dei condomini quella del rappresentante. A questo, invece, va riconosciuto il potere di un mero “nuncius” e, ciò indipendentemente dalla responsabilità del suo operato, anche se  la stessa disposizione in esame precisa, subito dopo, che «Il rappresentante risponde con le regole del mandato» (artt. 1703 s.s. c.c.): il delegato deve quindi attenersi alle istruzioni che gli sono state impartite dal delegante, sia per quanto riguarda le materie sulle quali egli è abilitato ex lege ad intervenire e votare (e che possono non coincidere con tutte quelle poste all’ordine del giorno),  sia per quanto riguarda le posizioni da assumere. Appare troppo essere troppo generico il solo riferimento alle norme dul “mandato”.

Le due norme, però, sembrerebbe essere in contrasto tra di loro. Come innanzi detto, deve intendersi prevalere la precisazione  relativa ai poteri previsti per il   “mandato di rappresentanza” di cui all’art. 1703 c.c., talché il “rappresentate  in seno al  supercondominio”  è, e deve restare,  pur sempre vincolato alle indicazioni a lui impartite dalla assemblea.

Dal che viene spontaneo chiedersi quale è il comportamento che il “rappresentante” deve tenere nei confronti del condominio delegamte e, quindi, dei condomini, da lui rappresentati.

Il vero motivo per cui il legislatore ha fatto ricorso alla figura del “rappresentante” è strettamente legato alla necessità di rendere agile lo svolgimento della assemblea nell’ambito del supercondominio al fine di ovviare al problema della impossibilità di raggiungere il quorum deliberativo e consentire, così, che si l’assemblea, nel nuovo assetto previsto dal novellato art. 66 disp. att. cc., potesse agevolmente  “deliberare” sulle due questioni, ad un tempo più semplici e più importanti, che sono l’approvazione dei bilanci e la nomina dell’amministratore, questioni senza la cui soluzione si ha il blocco della gestione amministrativa..

Orbene, a questo punto è legittimo chiedersi  come, in pratica, si possa conciliare questa necessità,  cui or ora si è fatto riferimento, con il diritto di ogni singolo condòmino di partecipare alla assemblea e di far valere il proprio orientamento mediante l’espressione del voto.

Il legislatore ha ritenuto che fosse sufficiente la nomina di un “rappresentante del fabbricato” per risolvere il problema, omettendo, però, di  precisare quali debbano essere i limiti al  potere decisionale  dello stesso. Ciò, tuttavia, potrebbe essere inteso come  un falso problema qualora il conferimento dell’incarico al rappresentante venisse di volta in volta “circostanziato” dalla assemblea del fabbricato delegante sulla base di precise indicazioni che questo gli avrà impartito.  Il  che comporta necessariamente  che l’amministratore del singolo condominio venga preventivamente avvisato dall’amministratore del supercondominio della indicenda assemblea, così che il primo possa a sua volta convocare l’assemblea del suo fabbricato affinché questa possa valutare ed esaminare l’ordine del giorno della assemblea del supercondominio, deliberare in merito e, conseguentemente, impartire al rappresentante le opportune indicazioni in merito al suo comportamento in assemblea.

Ne consegue che il rappresentante nominato dai condomini di uno degli stabili giammai potrà ingerirsi nell’amministrazione, più ampiamente considerata,  del supercondominio, in quanto soggetto espressamentedelegato alla sola partecipazione all’assemblea del Super Condominio (ad un’unica adunanza se si accoglie l’indirizzo restrittivo, o a tutte le assemblee fino alla sua revoca, se si segue un’interpretazione sistematica). Inoltre, è vero che – in base alla attuale formulazione della norma – il rappresentante potrà votare, in sede di assemblea di supercondominio, anche in senso difforme a quanto discusso dall’assemblea che lo ha nominato,  pur trovando, ovviamente,  applicazione le norme in materia di mandato, talché egli dovrà comunque operare con la diligenza del caso e tutelare gli interessi dei propri rappresentati, e, quindi, risponderne all’assemblea stessa.

Tale interpretazione letterale della norma, tuttavia non ci soddisfa, in quanto – se interpretata in modo restrittivo – lederebbe il diritto del singolo condòmino a far valere le proprie opinioni, non solo, ma lo esporrebbe ad un contenzioso dall’esito incerto, laddove egli volesse poi impugnare il deliberato assunto dalla assemblea del supercondominio, venendosi a creare un conflitto di interessi tra il rappresentato ed il rappresentante, tesi, questa, contradetta, però,  dalla sentenza in esame, come appresso meglio specificato.   

DIRITTI  E  PRECLUSIONI PER IL SINGOLO CONDOMINO

Orbene da quanto innanzi considerato emergono altre due circostanze da tener bene presenti:

la prima, attiene al diritto del condòmino (del singolo fabbricato) di essere informato preventivamente e tempestivamente degli argomenti costi all’ordine del giorno della assemblea del supercondominio. Il che comporta, a parere dello scrivente, l’obbligo in capo all’amministratore del supercondominio (e non a quello del singolo codominio) di inviare l’avviso di convocazione a tutti i condòmini, in quanto sono questi titolari esclusivi del diritto di partecipazione alla assemblea (se pur a mezzo di  un rappresentante), affinché ne possano, poi, preventivamente discutere nella  assemblea del loro condominio, appositamente convocata. Di parere contrario parte della dottrina e della giurisprudenza, anche se non ho avuto modo di  riscontrare  riferimenti giurisprudenziali sia di merito che di legittimità eccezion fatta per  una  sentenza del Tribunale di Roma (sez. V, 23/04/2019, n.8684),  secondo la quale non avrebbe senso alcuno prevedere la convocazione di tutti i partecipanti e la partecipazione dei soli rappresentanti, talché i rappresentati non potrebbero  far valere “direttamente” le loro ragioni in assemblea. Invero allo scrivente non pare che la norma in esame escluda espressamente questa circostanza. 

Nulla di tutto ciò si evince, però,  dalla richiamata normativa.  Il potere decisionale del rappresentate, invece, a parere dello scrivente,  deve essere strettamente condizionato dalla volontà della assemblea dei condòmini di cui egli è il rappresentante.

Quale è il quorum deliberativo con il quale l’assemblea del singolo condominio può esprimersi in merito agli argomenti che saranno oggetto di delibera in sede di supercondominio ?

E’ sufficiente ovvero necessaria la maggioranza semplice degli intervenuti (secondo il criterio di cui all’art. 1136 1^ coma c.c.): maggioranza degli intervenuti indipendentemente dal valore millesimale che ciascuno di loro rappresenta ovvero le maggioranze previste per ii  singoli deliberati da a dottare (1/3 per approvazione del bilancio ed il quorum previsto dal 2^ coma dell’art. 1136 per la nomina dell’amministratore ?”).  

Nessun problema laddove l’assemblea dovesse andare deserta. Il rappresentante dovrebbe astenersi dal partecipare alla assemblea del supercondominio.

Una breve precisazione per quanto attiene al  problema delle deleghe: la norma La norma in esame pone (il nuovo comma 5 dell’art. 67 disp. att. c.c.)impone un divieto assoluto di conferire deleghe all’amministratore di condominio, disponendo che «all’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea», quindi anche a quelle del  supercondominio,   al fine di evitare l’insorgere di situazioni di conflitto di interesse.

La delega  che l’assemblea del singolo condominio facente parte del supercondominio rilascia al suo “ rappresentante alla assemblea del supercondominio ”  è limitata alla necessità di  manifestare in questa sede, a mezzo del suo rappresentante, la volontà espressa da detta  assemblea relativamente alla “gestione ordinaria” delle parti comuni e di nomina dell’amministratore, volontà che, ex lege, deve formarsi in ciascun condominio per essere poi manifestata con l’intervento ed il voto assembleare del “delegati”

Quale, poi, la funzione ed i poteri dell’Amministratore del condominio nei rapporti con l’assemblea e con il suo rappresentante.

Fermo restando che, come innanzi detto, l’amministratore (del singolo condominio) non può ricoprire  contemporaneamente il ruolo  di “amministratore” e quello di “delegato alla assemblea del supercondominio” , va precisato che, a mente dell’art. 4 del richiamato art. 67 disp. att. c.c., , una volta ricevuta la convocazione di assemblea del supercondominio  “ il rappresentante comunica tempestivamente all’amministratore di ciascun condominio l’ordine del giorno e le decisioni assunte dall’assemblea dei rappresentanti dei condominii ”. Per inciso, ritengo non ammissibile la designazione quale “rappresentante” dell’amministratore d fabbricato anche nel caso rivesta anche  la veste di condòmino.

Ne discende, quindi, che l’amministratore,  una volta informato, è tenuto ad indire l’assemblea del condominio da lui rappresentato, affinché la stessa possa discutere gli argomenti posti all’ordine del giorno che, come si è detto, non possono essere altri che l’approvazione dei bilanci e la nomina dell’amministratore del supercondominio.

Orbene non avrebbe senso seguire tutto questi iter se poi il “delegato” non fosse tenuto ad attenersi alle indicazioni assunte dalla assemblea, con conseguenze  non solo per quanto attiene ai suoi obblighi quale “mandatario” ex art. 1703 e 1713 c.c. ,   ma anche in relazione alle legittimazione delle decisioni adottande ovvero adottate dalla assemblea del supercondominio.

La norma in esame infatti, pur affermando che ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto, precisa altresì l’onere del  rappresentante di  rispondere secondo le regole del mandato, comunicando e tempestivamente all’amministratore di ciascun condominio (il quale ne riferisce nella rispettiva assemblea) l’ordine del giorno e le “decisioni assunte”  nella riunione dei rappresentanti dei condominii.

A parere dello scrivente la funzione del rappresentante/delegato alla assemblea del  supercondominio dovrebbe essere, invece, quella di mero “nuncius”, talché a  lui non è consentito discostarsi dalle decisioni della assemblea da cui è stato delegato e, laddove l’assemblea nulla abbia deciso, sarebbe opportuno che egli si astenesse.

La sentenza in esame, infatti, evidenzia che il  rappresentante di ciascun condominio nell’assemblea di cui all’art. 67, terzo e quarto coma, disp. att. c.c., non svolge in tale sede le mansioni di amministratore del condominio, potendo anche non identificarsi soggettivamente nella medesima persona (come si desume dal citato quarto comma, circa l’obbligo di comunicazione), ma è, appunto, il rappresentante dei rispettivi condòmini.

Perciò il rappresentante è sprovvisto di poteri decisori propri e non può determinarsi in maniera autonoma nell’esercizio dei diritti di gestione ordinaria delle parti comuni e di nomina dell’amministratore, inerenti alla partecipazione assembleare, dovendo piuttosto, di volta in volta, attendere che si formi, all’interno del singolo condominio, una specifica volontà, che egli si limiterà ad esprimere col voto “  rispondendo del suo operato  secondo le regole del mandato.

Il che risponde alla ratio della norma, che persegue, tra l’altro, la finalità proprio di ovviare a quel conflitto di interessi che una decisioni non in linea con “il pensiero” dei condòmini di cui è il delegato che comporterebbe un contenzioso, quasi come a sminuire  spirito della legge di cui trattasi, a maggior ragione laddove il legislatore ha espressamente previso che “il rappresentate non  è soggetto a vincoli e/o limitazioni”  e che il voto da lui espresso in seno alla assemblea del supercondominio  preclude al singolo condòmini (di cui è delegato) di impugnare la delibera, principio questo, oramai consolidato e confermato anche con la recente sentenza della S. C. in esame.

Qualora, poi,   il rappresentante di condominio abbia addirittura manifestato in assemblea un voto contrario a quello espresso dalla compagine da lui rappresentata, il  suo comportamento comporta un vizio della delega ovvero   una carenza del potere di rappresentanza, che legittima  la i condomini da lui rappresentati a trovare tutela secondo le regole generali sul mandato.

In  ogni caso è precluso al rappresentante di condominio il diritto alla tutela giudiziaria, mediante impugnazione della decisione assunta dall’assemblea dei rappresentanti dei condominii,  che rimane esclusivo del singolo condòmino, unico soggetto legittimato all’impugnazione, purché sussistano le condizioni  e siano rispettati i termini di cui all’art. 1137 c.c.

POTERI DI DELEGA DEL “DELEGATO”.

E’ questo principio generale, non scevro da notevoli eccezioni, per il quale colui che ha ricevuto un incarico non possa delegare ad altri le facoltà a lui riconosciute, a meno che tale ipotesi non sia stata espressamente  prevista tra la clausole del proprio incarico.

Che cosa succede qualora il “delegato” fosse impedito a partecipare alla assemblea  del supercondominio ?

Non avendo rinvenuto nella normativa in esame alcun riferimento a siffatta circostanza, sono arrivato nel convincimento che sia possibile la “delega” ad altro “rappresentante”, delega non in senso proprio, bensì intesa come “temporanea sostituzione” della delega  già conferita.  

Se, infatti, la legge nulla dispone in tema di revoca del delegato né in ordine al termine di scadenza del suo mandato, è da supporre che sia l’assemblea (del singolo condominio) a poter decidere, anche di volta in volta, se necessario, e non sempre in via definitiva, il soggetto che la debba rappresentatore.

Ne consegue che, qualora sia stata osservata tutta la procedura in tema di “delega a partecipare alla assemblea del supercondominio” l’assemblea del singolo condominio sia legittimata, nella singola circostanza, a decidere chi la debba rappresentare, limitandosi ad informarne “l’assemblea del supercondominio” per le incombenze del caso. Tanto a maggior ragiono se, come da noi ipotizzato, la durata dell’incarico del “delegato” debba seguire gli stessi criteri prescritti dalla legge relativamente alla “convocazione della assemblea di condominio ”  che, secondo quanto sancisce  l’art. 66 disp. att. c.c., va convocata  annualmente.

Nulla vieta, quindi, che si proceda di volta in volta alla designazione del proprio delegato, mentre a quest’ultimo è inibita la possibilità di delegare ad altri la propria funzione, fermo restando che questi è tenuto  alla osservanza della procedura innanzi richiamata.

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CONCLUSIONI

La S.C. con la sentenza in esame ha voluto ribadire la preclusione per il singolo condòmino di impugnare le decisioni assunte dalla assemblea del condominio complesso, laddove il proprio “delegato alla assemblea”  abbia contribuito con il suo voto alla adozione della decisione assunta dalla assemblea, in quanto, secondo la S. C.   la norma in esame non costituisce negazione o in indebito condizionamento del diritto del singolo condomino di agire in giudizio per contestare la legittimità della decisione adottata.

La delega conferita  dalla assemblea del singolo condominio, per l’espressione di voto è limitata alla partecipazione alle assemblee aventi ad oggetto la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii o la nomina dell’amministratore. Al di là di tale ambito limitato, permangono e restano valide le regole generali concernenti la composizione ed il funzionamento dell’assemblea, regole che,  avendo lo scopo di tutelare le minoranze, al fine della legittimità delle decisioni adottate dalla assemblea presuppongono pretendono la partecipazione di tutti i comproprietari degli edifici che costituiscono il supercondominio.

Ne consegue che in ogni caso soggetto legittimato ad impugnare la delibera dell’assemblea dei rappresentanti di condominio è il singolo condomino, il quale, nei limiti temporali di cui all’art. 1137 c.c., ed in presenza dei presupposti legittimanti l’impugnativa, va considerato come  assente, dissenziente o astenuto laddove  tale sia rimasto il rispettivo rappresentante,  esulando  dalle attribuzioni del “delegato” la legittimazione all’impugnazione delle deliberazioni prese dall’assemblea dei rappresentanti del supercondominio, laddove l’eventuale illegittimo comportamento del “delegato” assume rilevanza unicamente nel rapporto interno tra rappresentante e rappresentati, secondo le regole del mandato.

IL PRINCIPIO AFFERMATO DALLA S.C.

La  decisione assunta dall’assemblea dei rappresentanti dei condominii di un supercondominio, ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 67 delle disp. att. c.c., può essere impugnata da ogni condomino, se il rappresentante sia stato assente, dissenziente o astenuto, comportando tali norme l’obbligo della nomina del rappresentante per l’esercizio dei diritti amministrativi in materia di gestione ordinaria delle parti comuni e di nomina dell’amministratore, mediante manifestazione di voto della volontà unitaria formatasi nel rispettivo condominio, e non anche per l’esercizio della tutela processuale. Allorché, invece, il rappresentante di condominio abbia contribuito col suo voto favorevole all’approvazione della decisione assunta dall’assemblea dei rappresentanti, contravvenendo alla volontà della compagine rappresentata, la tutela dei rispettivi condomini, attenendo ad un vizio della delega o ad una carenza del potere di rappresentanza, trova attuazione secondo le regole generali sul mandato.

La Corte ha infatti ribadito che il rappresentante risponde sempre nei confronti del mandato ricevuto, e, qualora abbia agito in modo difforme dalla volontà dell’assemblea condominiale, il rimedio non consiste nell’impugnazione della delibera assembleare, ma piuttosto in un’azione diretta nei confronti del rappresentante stesso, nell’ambito del rapporto interno di mandato.

In conclusione, il singolo condominio è legittimato all’impugnazione della delibera del supercondominio ma solo nei casi in cui il proprio rappresentante sia stato assente, si sia astenuto oppure abbia espresso voto contrario alla delibera. Il rappresentante, però, risponde nei confronti dei rappresentanti secondo le regole del mandato.

Avv. Antonio Bocchetti

Fonti : Diritto & Giustizia  – Condominio Web – Altalex – Assocond Napoli.