La spesa per l’utilizzo dell’acqua potabile è suddivisa tra tutti i condomini in base al criterio del “consumo”. A tal proposito si ricorda che il D.P.C.M. 4 marzo 1996 (in G.U. 14 marzo 1996, n.62, S.O.), in materia di risorse idriche, ha previsto l’istallazione di contatori per ciascuna unità immobiliare in modo da ripartire la spesa in proporzione agli effettivi consumi delle singole famiglie. La normativa è poi stata sostituta dal D.lgs. n. 152/2006 che ha disposto, all’art. 146, “Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni, sentita l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei principi della legislazione statale, adottano norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a: (…) Lett. f) installare contatori per il consumo dell’acqua in ogni singola unità abitativa nonche’ contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano”. Il criterio di ripartizione delle spese dell’acqua fra condomini in base all’effettivo consumo può essere derogato solo dall’esistenza di un regolamento condominiale di tipo contrattuale, che risulta vincolante. Tale regolamento può, infatti, contenere criteri di ripartizione differenti da quello esposto. Il criterio più comune è quello “forfettario” della ripartizione per numero di abitanti delle unità immobiliari, c.d criterio “a persona”. Altro criterio è quello che si basa sul valore millesimale dell’appartamento. Tali criteri però potrebbero dar luogo ad abusi e ad un dispendioso consumo di risorse idriche. Per ovviare a tale problema, ogni proprietario può chiedere che venga messa all’ordine del giorno dell’assemblea l’istallazione di contatori per ciascun appartamento e, in caso di dissenso, potrà agire giudizialmente dinnanzi al Giudice di Pace, che ha competenza per materia. Una questione concreta in cui ci si è imbattuti è stata quella del riparto delle spese dell’acqua relative al servizio docce (esistenti alla costituzione del condominio) di un complesso residenziale sito in località balneare, a seguito dell’invito del Comune di applicare un misuratore alla condotta dell’acqua alle docce (allo stato sprovvista). Per stabilire la modalità di una corretta ripartizione della spesa riguardante il servizio docce del complesso condominiale occorre definire l’oggetto della spesa e il soggetto su cui ricade l’obbligazione di pagamento. La suddetta spesa potrebbe essere distinta in quella relativa alla manutenzione della struttura dell’impianto delle docce, che fa parte dei beni comuni condominiali, e quella riguardante il consumo dell’acqua per l’utilizzo di dette docce, acqua che si acquista con un contratto di fornitura con un Ente, estraneo al Condominio. Riguardo alla spesa relativa alla manutenzione dell’impianto docce, essa è a carico di tutti i condomini (obbligazione c.d. propter rem), in quanto titolari del diritto di proprietà sulla cosa comune. Infatti, in virtù dell’art. 1102 c.c., l’impianto delle docce può essere utilizzato da ciascun condomino “purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il proprio diritto”. Il criterio di ripartizione adottato per questa spesa è in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione (art. 1123c.c. 1° comma). Una distinzione può essere effettuata per quanto concerne il costo del consumo dell’acqua. Va precisato, infatti, che l’acqua si acquista da un Ente estraneo al Condominio con la stipula di un contratto di fornitura. Ne consegue che, nelle ipotesi in cui il contratto venga stipulato dall’amministratore, in capo a ciascun condomino consenziente sorge un’obbligazione di tipo contrattuale, in base alla quale questo paga la quantità di acqua di cui usufruisce, in virtù del principio sinallagmatico. Viceversa, l’acqua che scorre nell’impianto docce potrebbe considerarsi cosa comune, di cui i proprietari possono servirsene in base a quanto stabilisce l’articolo 1102 c.c., nei casi in cui essa provenga da pozzi comuni, cisterne o altro di cui i condomini abbiano un diritto di proprietà o altro diritto reale su questi. L’acqua acquistata dall’Ente fornitore ha un costo che varia in base al consumo di ciascun utente, rispondente alle diverse e peculiari esigenze di quest’ultimo. Un riparto di spesa non rispendente al costo/consumo potrebbe determinare a carico di alcuni condomini un illecito arricchimento per aver usufruito di acqua in misura maggiore di quella pagata a danno degli altri, che, pur consumando meno, sono tenuti a pagarne di più. Dovendo, pertanto, ripartire il costo dell’acqua tra i condomini in base all’effettivo consumo di ciascuno, il metodo da adottare potrebbe essere quello di istallare una gettoniera o di un’apparecchiatura elettronica che consente l’utilizzo attraverso l’inserimento di schede elettroniche, come viene già utilizzato in diversi stabilimenti balneari. Il ricavato della gettoniera o dell’acquisto delle schede andrebbe a ricoprire, oltre al costo dell’acqua, anche parte delle spese della manutenzione ordinaria dell’impianto idrico. In tal modo il costo dell’acqua che grava su ciascun condomino si avvicinerebbe a quello corrispondente all’effettivo consumo della stessa, riducendo il rischio di incorrere in possibili abusi.
(Annarita Peluso)